Pubblichiamo la nota di ACI Welfare Lombardia e Anffas Lombardia
"Esprimiamo forte preoccupazione non solo per le parole a nostro avviso sconsiderate espresse dall’assessore al welfare Bertolaso sull’idea che le RSA siano destinate a chiudere; altri autorevoli rappresentanti di queste strutture hanno giustamente e puntualmente argomentato sul fatto che questo non deve non può avvenire in una Regione (e in un Paese) che vede un aumento notevole delle persone anziane non autosufficienti e con sempre più ridotte reti parentali a supporto.
Quello che ci preoccupa è l’incomprensibile scarsa attenzione che viene data a tutto il sistema dei servizi socio sanitari presenti nella nostra regione; un sistema sorretto in gran parte da organizzazioni del non profit (cooperative sociali, onlus) che, oltre a occuparsi di anziani (e non solo attraverso la gestione di RSA) danno risposte alle persone con disabilità, alle famiglie in difficoltà, alle persone con problemi di salute mentale e di dipendenza, ai minori ed adolescenti con significativi disagi mentali e del neurosviluppo.
Poco o nulla si è detto di questo mondo nell’incontro di presentazione del nuovo Piano Socio Sanitario lo scorso venerdì 10 novembre all’auditorium Gaber di Regione Lombardia; nulla nella delibera 1342 approvata dalla Giunta il 15 novembre che stanzia 128.635.733 per gli adeguamenti contrattuali del personale dipendente di ATS, ASST, Fondazioni IRCCS di diritto pubblico, ACSS e AREU e che “si dimentica” del personale che opera nei servizi socio sanitari gestiti dal privato sociale, le cui maggiori rappresentanze stanno rinnovando il contratto.
Eppure è proprio questo complesso di organizzazioni che sul territorio da tempo sperimenta, propone nuove soluzioni e modelli attraverso investimenti propri o attraverso la capacità di attrarre risorse e finanziamenti altri da quelli pubblici; molti dei progetti nel campo di “bisogni nuovi” (autismo, azzardo, riduzione del danno, residenzialità leggera per gli anziani o per pazienti psichiatrici, e ancora i progetti e percorsi di vita indipendente e di autonomia per persone disabili) sono frutto della volontà e capacità del privato sociale di rispondere e interpretare le nuove sfide. Risposte e soluzioni flessibili e costruite con e per la persona che spesso si scontrano con la rigidità e la burocratizzazione di un sistema codificato per misurare la corretta applicazione delle procedure e dei protocolli piuttosto che il benessere della persona e la sua qualità di vita.
Per le nostre realtà non profit che sono l’espressione della società civile, impegnata a garantire quotidianamente, nel territorio, servizi e sostegni alle persone con diverse fragilità e a rappresentarne aspirazioni e diritti, sono stati anni contrassegnati da crescenti di difficoltà: la pandemia, la crescita vertiginosa dei costi dell’energia e per l’acquisto di beni e strumenti, l’impennata dei tassi di interesse che colpisce soprattutto chi ha avuto il coraggio di fare investimenti per migliorare o ampliare l’offerta di servizi e attività, la crescente difficoltà di reperire personale qualificato e la difficoltà di riuscire ad offrire allo stesso stipendi adeguati alla professionalità e all’impegno richiesto.
Per questo abbiamo chiesto, insieme ad altre organizzazioni, un incontro al Presidente Attilio Fontana per chiedere a chi ha la più alta rappresentanza della Regione, se la Lombardia intende riconoscere l’importanza strategia del sistema dei servizi socio sanitari, gli unici a poter garantire l’implementazione di un processo di riforma che espressamente pone nel territorio la risposta alla crescente domanda di salute e se, di conseguenza, vi sarà una maggiore valorizzazione – anche, ma non solo, economica – del comparto socio sanitario che è, a tutti gli effetti, un pilastro fondamentale del sistema di welfare".