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Casa, Milano non è una citta per chi lavora. I dati dell’Osservatorio Oca e CCL

Casa, Milano non è una citta per chi lavora. I dati dell’Osservatorio Oca e CCL

Report promosso da Consorzio Cooperative Lavoratori (CCL), Delta Ecopolis in partnership con il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani (DAStU) del Politecnico di Milano

Categorie: Dalle Cooperative

Tags: Casa,   CCL,   osservatorio Oca,   Report

Una città che prende più di quello che riesce a dare: questa è la contraddizione che rischia di vivere Milano, dove il 34% dei contribuenti dichiara un reddito lordo inferiore a 15.000 € l’anno, ma dove nel periodo 2015-2021 i prezzi medi delle abitazioni sono cresciuti del 41%, gli af􀏐itti medi del 22% e la retribuzione media di operai e impiegati è cresciuta rispettivamente solo del 3% e 7%.

Questi sono alcuni dei dati emersi dal primo report dell’Osservatorio Casa Abbordabile (OCA) promosso da CCL, Delta Ecopolis in partnership con il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani (DAStU) del Politecnico di Milano, dalla ricerca coordinata da Massimo Bricocoli (professore di Politiche Urbane e Housing e direttore DAStU Politecnico di Milano) e da Marco Peverini (assegnista di ricerca DAStU Politecnico di Milano) e supportata da un comitato di esperti interdisciplinare e internazionale. Il report è stato presentato questa mattina insieme a Alessandro Maggioni, Presidente Consorzio Cooperative Lavoratori e Vincenzo Barbieri, Presidente Delta Ecopolis, ed è in distribuzione e disponibile sul sito www.oca.milano.it. Il rapporto è una sintesi di un lavoro più articolato ed esteso contenuto nel volume Bricocoli M., Peverini M. (2023, in pubblicazione) “Milano per chi? Se la città attrattiva è sempre meno abbordabile”, Siracusa, LetteraVentidue.

In Italia, i processi di ridimensionamento e trasformazione dell’intervento pubblico nel campo delle politiche della casa, la loro progressiva marginalizzazione rispetto alle dinamiche di un mercato immobiliare in buona parte slegato dall’economia reale, redditi e retribuzioni in contrazione, e l’accentramento delle opportunità lavorative ed economiche in un numero sempre più esiguo di agglomerazioni urbane hanno contribuito a far emergere la questione dell’abbordabilità quale un’emergenza in numerose città segnate da una fase espansiva. Milano non fa eccezione, anzi; qui, la proporzione tra redditi e costi abitativi per chi accede all’abitazione è diventata assai critica.

Il 2015, anno di EXPO, ha segnato un punto di svolta per la città, con dinamiche urbanistiche, sociali ed economiche che sono andate inevitabilmente a modi􀏐icare l’assetto del capoluogo lombardo, con conseguenze sul lungo termine. Infatti, il rialzo dei valori immobiliari in zone sempre più lontane dal centro ha pesato progressivamente sulle spalle dei lavoratori a reddito medio basso, inclusi i cosiddetti key workers (servizi di base entro una visione funzionalista – quasi aziendale – della città), costringendoli a cercare un’abitazione in zone più periferiche; ma oggi, sempre di più, ad essere in dif􀏐icoltà sono pro􀏐ili anche più quali􀏐icati. Se si analizzano i dati relativi al numero di alloggi di edilizia residenziale pubblica, si può notare, poi, come dal 2015 al 2021 nel comune di Milano sono stati richiesti permessi di costruire da enti pubblici per soli 196 alloggi, pari all’1,1% del totale dei permessi richiesti, con una conseguente offerta di alloggi pubblici largamente inferiore alla domanda espressa: nel 2022 sono state presentate domande da 36.946 nuclei familiari a fronte di 1.523 alloggi messi in avviso e di 1.297 alloggi assegnati.

Un mercato in rapida crescita, una offerta pubblica stagnante e un’offerta sociale che si sta dimostrando economicamente troppo costosa per i nuclei a basso reddito: a Milano, i contratti di locazione sono cresciuti da 40.165 nel 2015 a 55.830 nel 2021, ma soprattutto nel mercato transitorio (che passa dal 17,5% al 27,2% dei nuovi contratti) e con canoni in forte crescita: il canone medio registrato da OMI (Osservatorio Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate) è cresciuto da 129,6€/mq annuo nel 2015 a 173,4€/mq annuo nel 2022 (+33,8%), mentre il portale di intermediazione Immobiliare.it per gli stessi anni registra canoni da 182,4€/mq annuo nel 2015 a 239,9€/mq annuo nel 2022 (+31,5%) – il dato dei portali è probabilmente rappresentativo di un segmento di offerta in locazione più costosa e che segue maggiormente le dinamiche di mercato. Si mantiene molto bassa l’offerta a canone concordato e agevolato studenti, complessivamente ferme al 5% dei contratti.

Per quanto riguarda le compravendite, il prezzo al metro quadro è cresciuto mediamente del 40,7% tra il 2015 e il 2021, con un aumento rilevante delle quotazioni di quei quartieri riconosciuti fino al 2014 come più economici (identificati tramite zone omogenee OMI). In particolare, risulta preoccupante la crescita dei valori in tre zone: Stazione Centrale-Viale Stelvio (+ 32,7%); i quartieri di Cenisio, Farini e Sarpi (+ 24,6%); Tabacchi, Sarfatti e Crema (+22,8%). Si tratta di tre zone attualmente interessate da rilevanti interventi di “rigenerazione urbana” e in cui la crescita elevata dei prezzi sta generando un effetto di spillover della domanda di abitazioni più economiche sulle zone più periferiche, innalzandone a sua volta i prezzi.

I prezzi delle abitazioni crescono tre volte più rapidamente di redditi e retribuzioni, gli affitti quasi due volte più rapidamente. Ma se guardiamo alle retribuzioni stagnanti delle categorie medio-basse, nella classificazione INPS denominate “operai” (in media 1.410€ di retribuzione mensile lorda) e “impiegati” (in media 2.435€) – che insieme rappresentano il 61% dei lavoratori milanesi –, i prezzi di acquisto crescono ben 13,6 volte più velocemente delle retribuzioni degli “operai” e 5,8 volte di quelle degli “impiegati”; i canoni di locazione crescono rispettivamente 7,3 e 3,1 volte più velocemente delle retribuzioni medie delle stesse categorie.

I dati restituiscono la realtà di una città in cui per molti, soprattutto per i nuovi arrivati (chi non era già in possesso di un immobile a Milano) e per i pro􀏐ili reddituali medio bassi, il reddito da lavoro non è più sufficiente a garantire una vita quanto meno dignitosa: infatti, il 57% dei contribuenti milanesi dichiara un reddito lordo inferiore a 26.000 € l’anno e il 34% dichiara un reddito lordo inferiore a 15.000 € l’anno. La fascia di reddito medio-bassa (15.000-26.000€) risulta sovra-rappresentata nei quartieri periferici, la fascia medio-alta (26.000- 55.000€) tende a concentrarsi nei quartieri semicentrali e in alcuni quartieri periferici mentre le fasce di reddito più elevate (>55.00€) sono sovra-rappresentate nei quartieri centrali e semi-centrali. 

Tradotto in possibilità effettive, calcolando l’indice di metri quadri di abitazione teoricamente abbordabili in acquisto in tre fasce del territorio comunale – pur semplificando molto: centro, semicentro, resto della città (individuate in relazione alle zone OMI) - si evince come il lavoratore medio della categoria ‘operaio’ (con retribuzione media annua lorda di 16.919 euro) vede un indice di metri quadri teoricamente abbordabili pari a 12 nei quartieri del centro storico, 17 metri quadri in quelli semicentrali, e 30 metri quadri nel resto della città. L’impiegato medio (retribuzione media annua lorda di 29.219 euro) invece vede un indice di metri quadri teoricamente abbordabili di 16 metri quadri nei quartieri del centro storico, 23 metri quadri in quelli semicentrali, e 40 metri quadri nel resto della città. 

Ciò significa che, anche nelle zone periferiche, il mercato residenziale fatica ad offrire alle retribuzioni più diffuse una offerta abitativa adeguata. Dall’Osservatorio emerge evidente il rischio di una progressiva espulsione di individui e nuclei a reddito basso e bassissimo dal perimetro comunale verso i comuni dell’hinterland. La mancata immigrazione di individui e nuclei a basso reddito e l’allargamento della fascia della povertà dovuta ai costi abitativi fa pensare che Milano si stia allontanando dall’essere una città per lavoratori: il reddito da lavoro non è più garanzia di emancipazione, di autonomia e di una qualità della vita proporzionata alle energie spese.

Per questo, secondo OCA, se le attuali condizioni politiche e sociali non preludono a una riforma sostanziale in materia di politiche urbane e abitative quello che si prefigura è un cambiamento profondo degli equilibri, delle condizioni di vita e delle relazioni sociali, con fenomeni di polarizzazione ed esclusione rappresentativi di una dipartita netta dal modello della “città europea”. È giusto chiedersi, quindi, se siamo disponibili e pronti a una città in cui i contrasti saranno più aspri, i gradi possibili di coesione sociale assai minori, le questioni di sicurezza urbana soverchianti rispetto a quelle di sicurezza sociale, la cittadinanza sempre più divisa tra chi partecipa positivamente al modello di crescita e chi invece ne soffre.

L’estensione della attività di OCA al contesto della città metropolitana aprirà nel prossimo anno ad alcune esplorazioni delle dinamiche in corso tra comune centrale e hinterland.