Un coordinamento di enti gestori per la disabilità all’opera nel territorio mantovano: è Co.Se.Di.Mantova. (COordinamento SErvizi Disabili di Mantova ) che riunisce 14 enti gestori, di cui 11 cooperative sociali (8 aderenti al Consorzio Sol.Co), un’associazione, una Fondazione e lo stesso Consorzio.
Insieme, perché? Perché il confronto non è solo utile, ma necessario, perché ai tavoli con l’ente pubblico è importante – e più efficace – presentarsi in maniera unitaria e univoca. Insieme anche per formare, formarsi, sensibilizzare.
Lo spiega Fausto Ferriani, uno dei tre portavoce del coordinamento (è anche presidente della cooperativa La Quercia): racconta la storia, gli obiettivi, i livelli su cui il coordinamento si muove e anche i lavori in corso.
Il coordinamento si è costituito nel 2004, su impulso delle cooperative aderenti al Consorzio Sol.Co Mantova e a Confcooperative, per avviare un ragionamento strategico legato alle disabilità. In particolare, l’idea è stata riunire, in un coordinamento appunto, in ambito provinciale, gli enti che gestiscono servizi per le persone con disabilità. Oggi sono 14 le realtà che ne fanno parte.
Il coordinamento, che non è formalizzato da un punto di vista giuridico, tiene al suo interno anime con storie diverse e anche in questo aspetto riecheggia il suo valore aggiunto. “Abbiamo pensato fosse utile riunirci sotto un unico cappello per un confronto continuo, che diventa spesso anche arricchimento dei singoli, per mettere sul tavolo criticità, ma anche aspetti positivi. Capire se il problema di uno è il problema di tutti diventa, ad esempio, un passaggio fondamentale: se la criticità è comune, serve una risposta di sistema, che è quella che cerchiamo di trovare”, dice Ferriani.
A questo primo livello di lavoro, se ne affianca un secondo, che ha a che fare con il rapporto con l’ente pubblico: “Quando serve interloquire con i Piani di Zona, che a Mantova sono 6, oppure con ATS o ASST, arrivare con i tre portavoce - che portano le istanze di tutto il coordinamento - permette di andare dritto al punto, di costruire in maniera più veloce il percorso necessario per raggiungere l’obiettivo, di essere tutti più efficienti. Senza la necessità che ogni singolo Piano di Zona interloquisca con la singola cooperativa. Si evitano così anche passaggi intermedi, che richiedono tempo ed energie”.
Per questo livello, il 2017 è stato un anno importante: prima di allora i 14 enti gestori avviavano trattative singole con gli enti pubblici. Questo vuol dire, ad esempio, che per i servizi diurni e residenziali offerti alle persone con disabilità, ogni ente gestore aveva un contratto diverso.
In questi casi, lo standard è definito da una DGR regionale, ma i Comuni possono comunque intervenire su alcuni temi e questioni. In particolare, quelle tipologie di servizi sono remunerate anche dai Comuni, riuniti nei Piani di Zona e/o Aziende Speciali.
“Nel 2017 – sottolinea il portavoce di Co.Se.Di. Mantova – sul tema del contratto con gli enti gestori per quanto riguarda l’erogazione di servizi abbiamo spinto perché la trattativa fosse a livello provinciale, rappresentandoci noi in maniera forte come coordinamento. E attorno al tavolo si sono seduti i sei rappresentanti dei diversi Piani di Zona. Il nostro obiettivo (condiviso anche dai Piani di Zona) era quello di far sì che gli utenti avessero lo stesso costo per i servizi, in qualunque Centro della prvincia si rivolgessero. Che quindi, tutti i gestori applicassero lo stesso prezzo. L’obiettivo è stato raggiunto. E si tratta di un risultato importante, che ha evitato frammentazioni e anche disparità per gli utenti”.
Un’altra situazione che evidenza il ruolo del coordinamento è quanto successo durante la pandemia. Quando è scoppiata, ci sono state tantissime criticità per le persone che dovevano usufruire dei servizi per la disabilità. Il coordinamento in quel caso si è interfacciato con ATS, ASST e con i Piani di Zona, in maniera diretta e anche per questo efficace, ottenendo risultati importanti. “Fra questi – sottolinea Ferriani – abbiamo organizzato la vaccinazione di utenti e operatori nei nostri centri. Con un carico di lavoro importante: sono circa 800 le persone che frequentano i servizi diurni e residenziali nel mantovano. Ma anche con un enorme vantaggio per utenti, famiglie ed operatori”.
Un terzo livello su cui il coordinamento opera è quella formativo e, più in generale, di sensibilizzazione. Sono stati coinvolti i genitori che hanno figli con disabilità ed è stato proposto loro di fare formazione attorno ad alcuni temi, ad esempio quello della compartecipazione della spesa delle rette.
“Siccome la spesa pubblica per i servizi sociali cresce, alcuni Comuni avevano legittimamente iniziato a chiedere una compartecipazione alle famiglie per alcune tipologie di servizi. La richiesta era però molto differente per ogni territorio e non pienamente armonizzata a quanto consente la normativa di riferimento. Grazie a un percorso fatto dal coordinamento con alcuni avvocati, abbiamo capito che i regolamenti comunali, riferimento normativo alla base di quelle richieste, erano in larga misura da rivedere. Abbiamo accompagnamento i genitori in questa babele, in modo che potessero orientarsi e avessero le giuste informazioni per sapere poi come comportarsi e cosa chiedere, quali diritti e quali doveri”, dice il portavoce. Dopo un anno di incontri, anche i genitori sono riusciti a rappresentarsi in maniera unitaria davanti ai Piani di Zona, che hanno con lungimiranza deciso di aprire un confronto per avere regolamenti comunali ben ancorati alla normativa di riferimento sul tema della compartecipazione, regolamenti con una stessa matrice a livello provinciale. Non è un caso che su questo tema la provincia di Mantova registri il più basso indice di “contenziosi dinnanzi al giudice”, a livello regionale.
Le criticità
Non è stato semplice arrivare alla voce unitaria del coordinamento, che, come detto, è composto da enti gestori anche di natura diversa. Fra le criticità affrontate, c’è il tema della concorrenza: “Se tu ente gestore ti obblighi a ragionare insieme, necessariamente devi condividere dati, relazioni, legami. Ti fai poi anche rappresentare. Quindi a un certo punto capisci che non puoi fare quello che vuoi, ma la tua voce si deve in qualche modo amalgamare a quella di tutto il coordinamento. Un passo di fianco, per farne dopo, magari, due in avanti tutti insieme. La nostra storia dimostra che, quando siamo riusciti a trovare una quadra d’insieme, pure nelle fatiche, e l’abbiamo portata avanti, abbiamo ottenuto risultati importanti. Per il bene non solo della collettività, non solo delle persone con disabilità, ma anche dello stesso ente gestore”, spiega Ferriani.
Un’altra dimensione di difficoltà che il coordinamento incontra è quella della competenza. “Oggi i temi sono complessi, articolati, per cui servono competenze. Dentro una dimensione di coordinamento si fa la somma delle competenze, che così vengono accresciute. Ma non è sempre facile riuscire a districarsi nei vari ambiti”.
Lavori in corso
Il coordinamento, che si muove in ambito politico, ma anche in uno più tecnico, si riunisce almeno 3 o 4 volte all’anno per fare il punto delle diverse situazioni in campo. Ma il numero degli incontri aumenta quando all’orizzonte si profilano temi importanti da affrontare.
Oggi i lavori in corso, che toccano sia la componente tecnica sia quella politica, hanno a che fare con la costruzione del futuro. Il coordinamento si sta confrontando con i sei piani di zona, riuniti attorno ai servizi per la disabilità, con un’ottica che guarda in avanti, da oggi ai prossimi anni, dentro una cornice di co-programmazione.
“I Piani di zona ci stanno dicendo che fanno sempre più fatica a sostenere la spesa per i servizi alla disabilità. E non basta più ragionare sul tema delle rette, tema attorno a cui si scatena una battaglia infinita quando scadono i contratti. Dobbiamo riuscire a ragionare tenendo conto di un quadro più ampio, di un orizzonte più ampio, partendo da una serie di domande cui dobbiamo trovare risposta. Ad esempio, cosa sta accedendo dentro il mondo dei servizi per la disabilità? Qual è la richiesta maggiore? Se un ente gestore, ad esempio, sta creando nuovi centri diurni non residenziali e scopre poi che la domanda maggiore tocca il residenziale, quell’investimento domani sarà inutile, con un danno per tutti. Per questo stiamo cercando di capire dove sta spingendo la domanda, ma anche dove sono le risorse, chi può concorrere alla spesa. O proviamo a governarla questa complessità o saremo costretti a subirla. Quindi ci stiamo provando, avviando percorsi dentro un quadro di co-programmazione”, conclude il portavoce di Co.Se.Di. Mantova.