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Le nuove rotte della cooperazione

Le nuove rotte della cooperazione
L'editoriale di Massimo Minelli, presidente di Confcooperative Lombardia

Categorie: Primo PianoConfcooperative Lombardia

Tags: cooperazione,   migranti,   guerra Russia - Ucraina

Cresce, giorno dopo giorno, la consapevolezza che le crisi che si stanno susseguendo nel nuovo secolo (terrorismo, crisi finanziaria e del debito sovrano, pandemia, guerra in Europa e conseguente crisi energica e delle materie prime, inflazione galoppante) sono il segnale di un sistema che, come abbiamo già detto da tempo, è arrivato al capolinea. Un sistema che, se da una parte, spinto dalla tecnologia, corre nell’indirizzo della globalizzazione, dall’altra, usando come unica misura di successo la competizione di stampo capitalista, ha finito per aumentare i particolarismi identitari (nazionali, religiosi, etnici) unitamente alle differenze e le disuguaglianze sociali ed economiche, creando così una schizofrenia che rischia di fare collassare l’intera umanità.

Ci siamo già detti che questo è il momento della cooperazione, perché solo collaborando potremo sperare che l’umanità abbia ancora un futuro, ma questa scelta si deve coniugare con la responsabilità, la chiarezza e la concretezza delle scelte.

Ci sono due questioni epocali in cui la cooperazione può e deve offrire già ora uno stile per guidare questo cambiamento di paradigma.

La prima è la questione migratoria, tema centrale su cui, con grande chiarezza, unendoci alla preghiera insistente del Papa, anche il nostro movimento deve prendere posizione netta, tenendo insieme responsabilità e solidarietà, applicando i principi che sono nel suo DNA. Per questo è importante esigere che le autorità statali ed europee si adoperino per il soccorso alle persone alla deriva, per un’accoglienza razionale dei migranti e per una politica di cooperazione internazionale seria nei Paesi di provenienza.

Ci sono ragioni etiche e morali che spingono in questa direzione e queste non sono negoziabili. Ma sempre più si affiancano anche motivazioni economiche e demografiche che ci impongono soluzioni più aperte e coraggiose. La cooperazione fa già molto su questo terreno, esprimendo il maggiore sistema di accoglienza e molti immigrati trovano poi lavoro proprio nelle nostre cooperative, se è vero che quasi il 20% della forza lavoro della cooperazione è straniera. Ma tutto questo, se non si incardina in un sistema di regole chiare, rischia di non essere più sufficiente. Per questo diventa fondamentale chiedere con forza una policy che esprima in Europa ed in Italia nuove norme dettate dall’equilibrio tra le ragioni umanitarie e quelle di un’accoglienza sostenibile, utile e responsabile.

La seconda questione è la fine della guerra russo-ucraina, che tanto dolore sta lasciando nelle due popolazioni e tanti problemi sta creando all’Europa. Credo che sia palese che, dopo tutti i disastri di 10 mesi di combattimenti, non si possa attendere altro tempo per fermare il conflitto.

Il 5 novembre anche molti nostri cooperatori hanno partecipato alle manifestazioni di pace di Roma per chiedere un’immediata tregua e l’apertura di un negoziato serio tra le parti. La storia ci insegna che una pace duratura non esce con un vincitore e l’umiliazione del vinto, ma è il frutto della ricerca di quel sottile equilibrio in cui entrambe le parti si possano riconoscere. Che la Russia si sia resa responsabile di un’aggressione alla libertà di un altro popolo non si mette in discussione. Ma non è accettabile che l’unico modo per affermare i legittimi diritti del popolo ucraino passi esclusivamente attraverso una vittoria con le armi. È fondamentale al contrario che tutti i popoli europei chiedano alla comunità internazionale uno sforzo di cooperazione affinché le parti in conflitto trovino le ragioni per sentirsi tutelati nelle loro richieste e ritrovino le condizioni per tornare a dialogare, intrattenendo rapporti pacifici. Dovrebbe essere un obiettivo scontato ma, dobbiamo dircelo con grande onestà, in pochi oltre alla Santa Sede si sono distinti finora in azioni diplomatiche organiche ed incessanti, indirizzate a trovare una soluzione al conflitto equilibrata e condivisa dalle parti.

Cooperazione, pace, solidarietà, rispetto, dialogo, costruzione collegiale del consenso, perseguimento del bene comune. Questo è l’habitus di cui abbiamo bisogno come umanità. Ora, subito e con chiarezza, senza se e senza ma.

Questa è la forza del movimento cooperativo: lo diciamo tutti i giorni, prima ancora che con le parole, con il modo in cui siamo organizzati e funzioniamo come imprese e con questo nostro modo di essere finiamo per dare un segnale verso dove indirizzare il cambiamento, ponendoci come vera e autentica leva di innovazione. Dobbiamo continuare a dirlo.  

Massimo Minelli,

presidente di Confcooperative Lombardia