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Assistenza a domicilio: dare via a sperimentazione regionale che superi divisione ASST e Comuni

Assistenza a domicilio: dare via a sperimentazione regionale che superi divisione ASST e Comuni
Le proposte delle principali organizzazioni di rappresentanza del settore tra cui Confcooperative Federsolidarietà per ripensare l'ADI

Categorie: Confcooperative Lombardia

Tags: assistenza domiciliare

Dieci proposte per riprogettare il sistema delle cure domiciliari in Lombardia. A promuoverle oggi nell'evento online "Una nuova assistenza a domicilio in Lombardia: 10 proposte" le principali organizzazioni di rappresentanza del settore: Forum del Terzo Settore, SPI CGIL, FNP CISL, ACLI APS, Legacoop, Confcooperative Federsolidarietà,  AUSER, ANTEAS, Ordine degli assistenti sociali, CISL Medici, UNEBA, Centri di servizio per il volontariato (CSV).

"La nostra proposta principale - scrivono le associazioni - è quella di avviare una ridefinizione delle cure domiciliari che superi la separazione tra ASST e Comuni ed estenda il campo degli aiuti possibili attraverso una sperimentazione regionale, che ponga le basi per un modello integrato di cure sociosanitarie e tutelari".


Perché ripensare l'assistenza a domicilio in Lombardia

Una rete di cure territoriali robusta, diffusa, competente: i mesi dell’emergenza sanitaria, che ora si rinnova con la seconda ondata epidemica, ne dimostrano l’importanza, ma siamo ancora lontani dal raggiungerla.

Oggi si è aperta la strada per costruirla. La revisione della legge regionale 23/2015, in scadenza, offre la possibilità di un ripensamento e una riorganizzazione delle cure domiciliari, tassello fondamentale dell’assistenza territoriale. La legge 77/2020 (ex dl Rilancio) aumenta le risorse previste per i servizi di Assistenza domiciliare integrata (ADI), stanziando 734 milioni per le cure domiciliari. Si tratta di occasioni importanti per superare i limiti attuali.

L’ADI offre prestazioni di natura prevalentemente medico-infermieristiche e di durata limitata: si conta una media di 25 ore all’anno per utente. I bisogni delle persone fragili (persone con disabilità, persone non autosufficienti) sono invece continuativi nel tempo e riguardano, sempre più, sostegni e tutele anche “sociali”. Crediamo allora urgente un ripensamento complessivo, sul lato sanitario e su quello sociale .

 

Le 10 proposte delle associazioni sull'Assisrenza a domicilio in Lombardia

Livelli essenziali di assistenza

➢ Le cure domiciliari devono rientrare nel quadro dei LEA - livelli essenziali di assistenza garantiti nei confronti della popolazione fragile: persone con disabilità e anziani non autosufficienti.
➢ Questo significa che i binari, oggi paralleli, di ADI e servizi domiciliari dei comuni (SAD), dovranno trovare punti di convergenza, superando la dicotomia tra la gratuità dell’ADI e la compartecipazione ai costi dei SAD.

Accesso

➢ Vanno coinvolti e sensibilizzati i Medici di medicina generale e più complessivamente l’insieme delle Cure primarie nei confronti di cure domiciliari da considerarsi come opportunità di sostegno non episodico.
➢ Vanno realizzati i Presst (Presidi Socio Sanitari Territoriali). Previsti dalla legge regionale 23/2015, questi servizi non sono mai decollati. I distretti sociosanitari negli anni non hanno avuto in questa regione i sostegni che necessitavano. Serve una messa a terra di questi Presidi in una logica di prossimità fisica con il bisogno e di dialogo tra ASST e Comuni.
➢ La logica dev’essere quella del “One stop shop”, del luogo fisico che ricompone tutte le risorse di aiuto di un territorio, che semplifica i percorsi di accesso e assicura una informazione aggiornata. In questa logica andranno utilizzati anche i finanziamenti previsti dalla legge 77/2020 per la prevista sperimentazione biennale di “Strutture di Prossimità”.

Una nuova missione dei servizi

➢ L’organizzazione e lo sviluppo di comunità offrono possibili strumenti per indirizzare l’assistenza a domicilio verso modalità di intervento non più e non solo “prestazionali”. Si tratta infatti di interventi di rete volti a connettere, facilitare relazioni, valorizzare, organizzare e integrare le risorse esistenti, formali e informali.
➢ Serve investire sulla formazione di figure professionali capaci di gestire e muoversi nella rete: dai network manager agli assistenti sociali e infermieri di comunità. Vanno sviluppate capacità nuove, volte alla capacitazione e non solo alla gestione di prestazioni.
➢ Serve co-progettazione tra Enti pubblici e Terzo settore. Il Covid-19 ha mostrato come là dove questa co-progettazione è avvenuta, le risposte all’emergenza sono state migliori. Il ruolo strategico del Terzo settore nel rispondere ai bisogni delle categorie più fragili deve essere valorizzato attraverso una regia pubblica forte.

Un diverso perimetro dell'aiuto a domicilio

➢ Serve riprogettare i servizi di assistenza domiciliare: interventi quali visite mediche, prestazioni infermieristiche, somministrazione di medicine dovrebbero essere accompagnati da aiuti orientati a supportare la domiciliarità nelle sue diverse sfaccettature: dalla mobilità (domestica e extra domestica) ai bisogni personali (es: igiene, vestizione, alimentazione) agli accompagnamenti sul territorio (es: piccole commissioni, accompagnamento a centri e luoghi di aggregazione).
➢ Non solo. L’aiuto dovrebbe estendersi anche al nucleo familiare: non solo la persona fragile ma i familiari, i caregiver tante volte fragili a loro volta, attraverso informazioni, formazione, aiuti di vario genere. Ed eventualmente anche all’assistente familiare: la sua scelta, il suo percorso lavorativo.
➢ La riprogettazione dei servizi di assistenza domiciliare dovrà poi tenere conto delle diverse linee (misure B1 e B2, ProVI, legge 112/2016 sul Dopo di Noi, voucher anziani e disabili), in una logica ricompositiva. Il progetto di legge regionale per il diritto alla vita indipendente delle persone con disabilità va in questa direzione e offre strumenti di intervento che possono essere applicati nell’ambito delle cure domiciliari.
➢ Elemento fondamentale affinché un nuovo perimetro dell’aiuto a domicilio possa concretizzarsi è infine il tema dell’abitare. Vivere a domicilio dev’essere un diritto e la realizzazione di tale diritto passa per alloggi adeguati e politiche capaci di saper leggere i diversi contesti territoriali, agendo sia a livello di barriere architettoniche sia di organizzazione attenta dei luoghi.
➢ I dispositivi digitali e le nuove tecnologie, anche quelle che prevedono diagnosi e assistenza da remoto come la telemedicina, configurano dispositivi complementari all’aiuto in presenza, per una domiciliarità più agile e in grado di raggiungere più persone.

Caregiver

➢ Serve sviluppare una serie di interventi a sostegno dei caregiver: dall’istituzione di luoghi di supporto e incontro (es: punti di incontro) ad azioni di sensibilizzazione sul ruolo dei caregiver rivolte al sistema dei servizi, alla formazione degli operatori che si occupano di accompagnare e assistere le persone fragili e le loro famiglie.
➢ In questa direzione va la proposta di legge regionale di iniziativa popolare #iosonocaregiver che auspichiamo possa presto intraprendere il suo iter istituzionale.

Assistenti familiari

➢ Serve dare piena attuazione alla legge regionale 15/2015 sugli assistenti familiari, superando i limiti finora riscontrati riguardo all’implementazione degli Sportelli informativi per l’assistenza familiare – che ancora non sono presenti omogeneamente sui territori - e dei relativi Registri.
➢ Immaginiamo un nuovo sistema di cure domiciliari territoriali che si interfaccino con la realtà delle badanti, e che aiutino a superare la doppia solitudine, quella delle famiglie e quella delle badanti stesse, supportandone rispettive esigenze e percorsi di cura.

Una nuova governance delle cure domiciliari

➢ Va avviato un Tavolo di lavoro regionale che convochi Regione, Anci, Parti sociali e Terzo settore, per sviluppare contenuti e procedure per un nuovo sistema di cure domiciliari come qui prefigurato: più integrato, più versatile in termini di azioni svolte, più esteso in termini di domanda coperta.

Servizi domiciliari nelle cure primarie

➢ Servono strutture territoriali stabili di raccordo tra Comuni, Distretti, Dipartimenti delle cure primarie delle ATS, che sovraintendano gli investimenti nella medicina preventiva e l’attuazione delle aggregazioni funzionali e delle Unità complesse dei medici delle cure primarie.
➢ Nel sistema delle cure domiciliari che immaginiamo, non più separato tra Comuni e ATS e ASST, i medici di medicina generale devono assumere una funzione cruciale di prevenzione, diagnosi e presa in carico, anche in regime di telemedicina quando possibile, in collaborazione con gli infermieri di famiglia, figura introdotta dalla legge 77/2020 e che anche la Lombardia dovrà introdurre, secondo le linee guida recentemente approvate nella Conferenza delle Regioni.
➢ Le risorse messe in campo dal Terzo settore e dai Comuni sono indispensabili per programmare insieme ad ATS e ad ASST interventi che possano raggiungere capillarmente a domicilio anche i soggetti più fragili.

Il finanziamento delle cure

➢ L’utilizzo dei Budget di Salute rappresenta uno sviluppo molto interessante in questa direzione. La logica è quella della ricomposizione delle risorse - pubbliche e private, umane, professionali ed economiche - in un unico budget personalizzato, base per lo sviluppo di progetti individuali, o progetti di vita, a loro volta personalizzati.
➢ L’andamento demografico e l’inevitabile aumento della domanda di assistenza necessita di un’approfondita riflessione sull’istituzione di Fondi di scopo finalizzati ad una vera presa in carico “multidimensionale” delle fragilità sia sul piano dell’equità sociale, sia su quello della sostenibilità nel medio e lungo periodo.

Una messa a terra consapevole

Il ridisegno di una nuova rete di aiuti dovrà essere attentamente accompagnato, monitorato e valutato. Nessuno di noi ha la ricetta pronta e sappiamo che apprendere dall’esperienza è una virtù che ha bisogno di informazioni di ritorno sugli interventi posti in essere. Produrre uno sforzo anche in questa direzione permetterebbe di investire senza disperdere le energie. Una valutazione continuativa dei servizi domiciliari, centrata sul loro impatto sociale, aiuterà la “messa a terra” delle proposte qui presentate. Molti dati già raccolti e prodotti da diversi soggetti dovrebbero essere più accessibili, leggibili, condivisi in modo da consentire lo sviluppo di un know-how e una complessiva crescita di competenze delle comunità di cura.

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