Il rischio, un buco da 10 milioni di euro. È questo l'allarme lanciato dall'Alleanza delle Cooperative Lombardia Welfare, oggi audita dalla III Commissione regionale Sanità e Politiche Sociali, per chiedere a Regione un intervento che limiti, per le cooperative sociali che offrono servizi a favore di soggetti svantaggiati, ricadute negative dovute all'aumento dell'Iva, passata a gennaio dal 4 al 5%.
La variazione, introdotta dal Governo con la legge di stabilità 2016 per evitare dall'Ue l'apertura di una procedura d'infrazione, sta creando infatti non pochi problemi. Il nodo sta nel fatto che le cooperative sociali che gestiscono servizi sociosanitari accreditati e contrattualizzati con Regione Lombardia firmano contratti Iva inclusa, che finiscono per diventare penalizzanti sul mercato, considerando inoltre che il sistema tariffario è fermo ormai da quasi un decennio.
Senza contare che l'aggravio Iva, oltre che sull'aumento dei costi, incide anche sulla concorrenza. "L'aumento dell'aliquota - denuncia Massimo Minelli, presidente dell'Alleanza delle cooperative Lombardia Welfare - aumenta la concorrenza sleale tra le cooperative sociali che contribuiscono in modo determinante al buon funzionamento dei servizi sociosanitari di questa regione, e gli altri soggetti erogatori costituiti con forme societarie diverse, come ad esempio le fondazioni che operano in esenzione Iva".
Da qui la richiesta di una soluzione rapida, per evitare uno scenario che potrebbe avere nel tempo una grave ripercussione sui servizi e sul portafoglio dei cittadini che i soldi finirebbero per rimetterceli di tasca propria. Per far fronte alle perdite e non mettere in crisi il sistema assistenziale le cooperative stanno assorbendo i costi direttamente, spiegano dall'Alleanza, ma a lungo andare il meccanismo potrebbe saltare senza un'azione politica lungimirante. Le 1.450 cooperative sociali aderenti all'organizzazione, su un totale di 1.740 esistenti in Lombardia, erogano infatti servizi socio sanitari a circa un milione di cittadini, coprendo più della metà dei servizi accreditati per la disabilità e il 10% delle RSA, oltre che la totalità dei servizi per le dipendenze.
E allora, come bilanciare la riduzione quasi del 5% dei ricavi, compensata solo in minima parte dalla possibilità di detrazione dell'Iva? La soluzione auspicabile, si legge nel dossier presentato alla III Commissione, alla presenza dei cooperatori, potrebbe essere quella di considerare la quota a carico del Servizio Nazionale al netto dell'Iva per evitare disparità di trattamento derivanti da questioni fiscali, proprio come una sentenza della VI sezione del Consiglio di Stato del 10 dicembre 2015 ha già affermato pronunciandosi in tema di appalti.
Positiva la risposta della Commissione, pronta dopo i dovuti accertamenti, ad un intervento concreto che potrebbe già, secondo il presidente, essere inserito nel prossimo assestamento di bilancio.