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Democrazia e cooperazione

Democrazia e cooperazione

L'editoriale del presidente Massimo Minelli

Categorie: Primo PianoConfcooperative Lombardia

Tags: editoriale

Spenti i riflettori delle campagne elettorali, è il momento di interrogarsi su ciò che quei risultati continuano a dirci sulla qualità della nostra democrazia. Il dato più evidente resta quello della partecipazione: ormai solo quattro cittadini su dieci si recano alle urne. In meno di vent’anni, nel nostro Paese, l’elettorato si è progressivamente dimezzato, trasformando l’astensione in elemento strutturale della vita democratica, tanto che, dovunque, si governa con maggioranze che raggiungono, quando va bene, il 15, 20 per cento.

Questa tendenza, che indebolisce la democrazia, ha effetti anche sulla cooperazione. Perché? Lo diciamo sempre: la cooperazione senza partecipazione e democrazia semplicemente non c’è. Lo dimostra la storia, dallo scioglimento delle associazioni cooperative durante la dittatura fascista al riconoscimento del loro ruolo nell’articolo 45 della Costituzione. La cooperazione vive di processi democratici, di coinvolgimento e di responsabilità condivisa. E il problema del non voto, che riguarda l’intera collettività, per la cooperazione assume un valore strutturale: il venir meno di quello spazio vitale, di partecipazione, alla base della forma di impresa aperta che la cooperativa rappresenta.

Il non voto è stato a lungo letto come un segnale di disaffezione, per diverse cause: il progressivo indebolimento dell’educazione civica, della formazione politica e di spazi reali di confronto. Ma questa spiegazione non è più sufficiente. Oggi è evidente che il problema riguarda il funzionamento stesso della rappresentanza: i partiti faticano a svolgere una funzione efficace di mediazione tra società e istituzioni, con ricadute dirette sulla qualità delle decisioni pubbliche. Questa crisi emerge con particolare forza di fronte alle grandi trasformazioni in corso – dall’innovazione tecnologica ai mutamenti demografici, dalla crisi climatica al cambiamento del lavoro e alla crescita delle disuguaglianze – che incidono profondamente sulla vita delle persone ma trovano risposte deboli. In questo contesto, la cooperazione continua a distinguersi come spazio concreto di esercizio democratico e di mediazione tra interessi diversi.

È proprio nello scarto tra la complessità dei problemi e la debolezza delle risposte che si colloca la riflessione su crisi della politica, il mercato e le sue forme. Ridurre il mercato alla sola dimensione del capitalismo finanziario significa non solo rinunciare a strumenti capaci di generare un’economia dal basso più giusta e inclusiva, ma anche all’opportunità di attivare spazi di partecipazione reale delle persone e di costruzione di risposte collettive.

La riscoperta dell’economia sociale e della prossimità, come riconosciuto anche dall’Unione europea, rappresenta una risposta coerente a questa crisi, perché rimette al centro le persone, le comunità e i territori. In questo spazio, la cooperazione continua a imporsi come un esempio concreto di economia e rappresentanza. Non come alternativa alla politica, ma come esperienza che mantiene vivo l’esercizio democratico e il coinvolgimento delle persone. È da qui che può ripartire una riflessione più ampia su come ricostruire fiducia, partecipazione e capacità di governo, evitando scorciatoie semplificatrici e risposte populiste incapaci di trasformare il disagio in soluzioni.