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VOUCHER RSA, IL NON PROFIT REPLICA ALL’ASSESSORE GALLERA

VOUCHER RSA, IL NON PROFIT REPLICA ALL’ASSESSORE GALLERA

Le dichiarazioni di Aci Welfare, Arlea e Uneba Lombardi

Categorie: Confcooperative Lombardia

Tags: Regione Lombardia,   rsa,   gallera

"Profonde perplessità" sulle recenti dichiarazioni a mezzo stampa dell’Assessore regionale al Welfare Giulio Gallera, in merito alla volontà di “spendere” 10 milioni di euro per l’esercizio 2020 in voucher a favore della possibilità di erogazione di un contributo economico per il ricovero di anziani non autosufficienti in strutture non a contratto con Regione Lombardia. A dirlo Valeria Negrini, Chiara Benini e Luca degani a nome delle associazioni Aci Welfare Lombardia (Alleanza delle Cooperative italiane), Arlea (Associazione Regionale Lombarda Enti di Assistenza) ed Uneba Lombardia (Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale), che rappresentano la totalità dei gestori senza scopo di lucro di servizi sociosanitari per anziani, minori fragili e persone con disabilità, con oltre 500 enti associati sotto forma di Fondazioni onlus e Cooperative sociali.

"L’Assessore ha evidenziato l’obiettivo di voler dare una impronta sempre più 'liberale' e 'liberalizzata' al Sistema dei Servizi di Rsa. Questo - spiegano - andrebbe certamente a premiare gli ingenti investimenti finanziari che in questa realtà delle residenze per anziani si sono negli ultimi anni manifestati da parte del settore profit".

VALORIZZARE IL NO PROFIT,E NON SOLO PERCHÉ PERMETTE DI AVERE RETTE BASSE

E’ certamente vero che la storia lombarda si fonda su una offerta di servizi che ha visto, fino al secolo scorso, quali unici operatori attenti a dare risposta alla non autosufficienza anziana Enti legati al territorio, nati sotto forma di Fondazione o Cooperativa dalla beneficenza privata lombarda. Oggi invece la storia lombarda vede nel ricovero per anziani una oggettiva possibilità di business. Questo con l’ingresso di nuovi attori economici che, a partire da una struttura demografica e di risparmio individuale che ha fortemente rivisto la capacità di spesa della popolazione anziana, vedono ora nella non autosufficienza un oggettivo mercato. E’ giusto ricordare che gli Enti noprofit garantiscono il totale reinvestimento degli eventuali utili nel tessuto sociale del territorio, senza alcun riparto e vantaggio di alcun socio che sia persona fisica o società di investimento. E’ grazie a questa volontà del noprofit di contenere i costi che le rette e la spesa sociale del cittadino vengono calmierate. Non è solo utilizzando il mondo del Terzo Settore come gestore a basso prezzo che si migliora la risposta sociale ma anche, e soprattutto, valorizzandolo come promotore ed attuatore di innovazione sociale.

MEGLIO UN SISTEMA DI SERVIZI PER TUTTI, CHE I FONDI PER FAR ANDARE POCHI ANZIANI IN ALCUNE STRUTTURE

Per quanto concerne l’innovazione sociale ci chiediamo se davvero la risposta più opportuna sia “spendere” 10 milioni per garantire a pochi anziani di essere ricoverati in strutture con rette ad alto costo, come viene sottolineato testualmente dalla stampa, e non invece costruire un sistema di offerta di servizi che finalmente programmi e proponga al territorio lombardo una spesa pluriennale, trasformando l’uso del fondo sanitario regionale in una più ampia visione di insieme di interventi attenti ai bisogni della non autosufficienza e della cronicità. Facendo scelte, anche forti, sul risparmio per la inappropriatezza di una Sanità lombarda che, in un altro momento demografico, è stata costruita con una più forte attenzione alla mera risposta al bisogno della acuzie.

NUOVI SERVIZI E NUOVI OBIETTIVI, L'EVOLUZIONE DEL NON PROFIT SOCIOSANITARIO

Negli ultimi anni noi stessi gestori noprofit di Rsa abbiamo voluto modificare la nostra offerta di servizi, avendo compreso che è necessario evolvere dalla mera gestione di Residenze al garantire luoghi di offerta sociosanitaria aperti durante il giorno. Ma soprattutto abbiamo garantito una sempre più significativa offerta di assistenza al domicilio delle persone anziane. Per questo abbiamo aderito e promosso, insieme a Regione Lombardia, ad esperienze di sperimentazione quali la Rsa aperta o la residenzialità leggera. Nella condivisione di un obbiettivo comune: offrire una più ampia gamma di possibilità di presa in carico agli anziani in Lombardia.

DALLA REGIONE SERVIREBBE PIÙ PROGRAMMAZIONE

A fronte di questa disponibilità non si è però manifestata da parte dell’Assessorato al welfare la volontà di costruire una programmazione pluriennale di questa offerta di servizi capace di garantire continuità a questa gamma di possibili risposte per una popolazione che sta invecchiando sempre di più, è che è sempre più ampia.
Un esempio di tale difficoltà di rispondere ai bisogni dei cittadini con azioni di programmazione si è recentemente avuto con una circolare dell’Assessorato che non permette nel settore socio sanitario, a differenza di quanto accade nel sistema ospedaliero dei drg, di riconoscere economicamente il reale valore di produzione di attività di assistenza domiciliare integrata e di cure palliative domiciliari per i cittadini lombardi.
Non è con un limitato finanziamento per qualche fortunato che si risponde ai bisogni di una popolazione fragile. Oggi servono invece scelte forti quali ad esempio la messa a disposizione dei 70 milioni di euro circa per mettere a sistema e fare uscire dalla sperimentazione le misure di sostegno alla domiciliarità proposte negli ultimi anni.

11 ANNI SENZA NESSUN RITOCCO DA PARTE DELLA REGIONE ALLE QUOTE SANITARIE

Forse ci si dovrebbe interrogare se 11 anni di mancati aumenti della quota sanitaria nelle Rsa non abbiano messo a rischio la tenuta economica di un sistema in cui è obbiettivamente cresciuta la presenza di nuovi operatori che offrono prestazioni ad altissimo costo a soggetti che hanno come prima debolezza la necessità di urgenza di una risposta al loro bisogno. Questo tra l’altro portando anche chi opera senza scopo di lucro a dover comunicare agli ospiti delle strutture ed alle loro famiglie che il mancato aumento da parte della Regione della quota sanitaria (avrebbe dovuto coprire il 50% del costo totale ma difficilmente supera il 40%) porta ogni anno a dover aumentare seppur di poco la quota alberghiera, innanzitutto per garantire i giusti aumenti contrattuali ai lavoratori dipendenti degli Enti.

LE NECESSITA' DELL'INTEGRAZIONE SOCIOSANITARIA

Ci si dovrebbe anche chiedere se, su circa 20 miliardi di euro di Fondo sanitario regionale, gli 800 milioni per l’integrazione socio sanitaria non siano ormai troppo pochi per una popolazione che è diversissima da alcuni anni addietro.

CONTINUITÀ E PROGRAMMAZIONE, LA RICHIESTA DELLE ASSOCIAZIONI

Chiediamo pertanto, con rispetto ma con determinazione, che Regione Lombardia rivaluti un percorso di scelte che pare più a spot che altro. E si impegni a dare certezza di continuità nella spesa a favore di una popolazione anziana sempre più ampia, che chiede come necessaria risposta ai suoi bisogni servizi capaci di garantire continuità tra domicilio e strutture residenziali presenti e incardinate sul proprio territorio, ed una programmazione pluriennale della allocazione delle risorse economiche.