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Presentato il “Primo rapporto sul lavoro di cura in Lombardia”

L’Alleanza delle Cooperative Italiane Lombardia tra i partner della ricerca

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Milano 27/05/2015 - Sono quattrocentomila gli anziani non autosufficienti in Lombardia. Chi si prende cura di loro? Su quali risorse le famiglie possono contare? Quali sono le loro necessità? A queste domande risponde il “Primo rapporto sul lavoro di cura in Lombardia”, presentato giovedì 21 maggio a Milano nella Sala delle Colonne BpM. Lo studio, realizzato in collaborazione con Alleanza delle Cooperative Italiane Lombardia, il coordinamento regionale delle centrali cooperative lombarde Confcooperative, Legacoop e AGCI, analizza a tutto tondo la realtà dell’assistenza familiare rivolta agli anziani non autosufficienti all’interno del territorio regionale. Uno sguardo sui mutamenti in atto, sulle opportunità e sulle sfide, con un’attenzione particolare nei confronti di ciascuno degli attori coinvolti: le famiglie, il sistema dei servizi, le assistenti familiari. La ricerca, che si rivolge alle persone che assorbono i maggiori carichi di assistenza, i cosiddetti caregiver, vuole porsi come un punto di partenza per impostare politiche più attente ad “aiutare chi aiuta”, strutturando interventi di ascolto e di sostegno, nonché sviluppando ogni attività capace di sostenere, alleggerire e rendere il carico di cura meno oneroso. Ma partiamo dai dati generali. Gli indicatori demografici, a fronte di una popolazione, in Lombardia, di quasi 2,2 milioni di persone 65enni e di 280 mila ultra 85enni, prevedono un aumento della popolazione senile del 50% in 10 anni.   Se si considera lo status sociale degli anziani residenti, quelli lombardi risultano essere più ricchi, ma più soli rispetto alla media nazionale; molti di loro soffrono di limitazioni funzionali (90%), di questi 335mila vengono assistiti a casa, mentre sono 70 mila gli anziani affetti da demenza. Nel soddisfare il bisogno di cura di anziani, spesso non più autosufficienti, i  caregiver svolgono un ruolo fondamentale. Preponderanti, in questo senso sono le figure parentali, il partner in primo luogo,  a cui subentrano i figli, spesso femmine (73%), mentre agli uomini è demandato più un ruolo di compagnia. È questa la cosiddetta generazione “sandwich” stretta tra figli piccoli, genitori anziani e troppe ore di lavoro in ufficio. In media per l’85% di coloro che prestano assistenza, il tempo dedicato all’anziano è di 20 ore a settimana, mentre oltre il 43% è presente H24, anche di notte, festivi inclusi. Dallo spaccato raccolto emerge da parte dei caregiver uno scarso utilizzo dei servizi sociosanitari territoriali ed un limitato interesse ad intensificarlo. Un dato di fatto che il rapporto mette in evidenza è che tra le tipologie di assistenza la gestione informale e privata della cura agli anziani deriva spesso dalla mancanza di consapevolezza, talvolta disinformazione, fino alla rassegnazione che si evolve in un senso di indispensabilità da parte del caregiver. Proprio questo aspetto determina una preferenza verso la monetizzazione del bisogno, contro la scarsa propensione a rivolgersi ai servizi esistenti, se non in caso di necessità. Se il lavoro di cura privato costituisce un fenomeno consolidato in Lombardia, il mutare del contesto sociale conduce inevitabilmente a porsi degli interrogativi in merito all’evoluzione di questo servizio. Di fronte ad una domanda sempre crescente di assistenza è evidente infatti un sempre maggiore processo di riduzione del potenziale di cura familiare legato alla diminuzione delle nascite, all’ascesa dei figli unici e all’aumento di anziani separati ecc. In questo senso come sta cambiando la domanda di aiuti da parte delle famiglie? Da questo punto di vista un ruolo sempre più cruciale lo svolgono le “assistenti familiari”, le cosiddette badanti. In Lombardia sono almeno 156 mila, ma il più delle volte si tratta di realtà sviluppatasi in maniera del tutto irregolare, tant’è che il lavoro sommerso riguarda quasi il 2/3 del totale. Se 1,6 miliardi di euro viene speso dalle famiglie lombarde per un supporto esterno, rimane alto il tasso di coloro che non sono in grado di potersi permettere questo tipo di assistenza. Per superare il rapporto “un anziano- una badante”, sul quale si è sviluppato un atteggiamento critico, si sono attivati negli anni processi che hanno condotto ad aggregare la domanda in positivi esempi di condivisione come nel caso delle  badanti di condominio. Da una parte c’è il datore di lavoro che gestisce e coordina le badanti, anche sotto il profilo amministrativo, dall’altro la lavoratrice, che occupata a tempo pieno presso il condominio, è assunta direttamente dagli anziani attraverso più contratti part time cosicché ogni anziano finisce per retribuire l’assistente in base all’effettiva quota di utilizzo. Tra le altre realtà evidenziate per rivoluzionare il settore spiccano gli sportelli che favoriscono l’incontro di domanda e offerta, che permettono alle famiglie di usufruire di un sostegno nella ricerca della risposta assistenziale più adatta alle esigenze dell’anziano. L’ultimo tra gli strumenti  messi in evidenza sono i sostegni economici, buoni o voucher sociali che sorreggono l’assistenza delle persona fragile.  Nel primo caso si ha un trasferimento monetario liberamente utilizzabile, nel secondo si ha l’emissione di un ticket per l’utilizzo di  servizi presso strutture accreditate.  
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