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Covid-19, in Lombardia quali le attività sospese? Un chiarimento tra le misure di Governo e Regione

Covid-19, in Lombardia quali le attività sospese? Un chiarimento tra le misure di Governo e Regione

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Categorie: News tecniche

Tags: Regione Lombardia,   Coronavirus,   covid19,   chiusura,   restrizioni,   ordinanze,   dpcm,   governo. conte attività

Negli scorsi giorni sono stati emanati alcuni provvedimenti, sia a livello nazionale che regionale, con l’obiettivo di introdurre ulteriori misure restrittive destinate alle attività economiche.

L’approvazione quasi contestuale di due ordinanze da parte della Regione Lombardia, la n. 514 del 21 marzo 2020 e la n. 515 del 22 marzo 2020, e del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 marzo 2020 genera alcuni dubbi interpretativi su quali disposizioni debbano ritenersi prevalenti sul territorio lombardo.

L'ultimo Decreto Legge approvato il 24 marzo 2020 ed in corso di pubblicazione sembra - nel testo ad oggi disponibile- offrire i criteri utili ad individuare quali norme debbano considerarsi applicabili alle imprese lombarde. 

L’adozione di misure di contenimento spetta in via generale al Presidente del Consiglio dei ministri con appositi decreti (DPCM). Il Presidente della Regione può adottare misure di contenimento in via autonoma ma le relative ordinanze perdono efficacia se entro i successivi sette giorni non sono confermate da un successivo DPCM.

Alla luce di queste indicazioni, ecco la sintesi delle restrizioni per le attività lombarde.

 

Le misure restrittive nazionali

Il DPCM del 22 marzo dispone la sospensione di tutte le attività produttive industriali e commerciali, ad eccezione delle attività:

- indicate nell’allegato 1 del dPCM 21 marzo 2020 (scaricale dalla sezione documenti in basso) identificate con i codici attività ATECO (l’elenco dei codici potrà essere integrato nelle prossime ore).


Le attività produttive consentite sulla base del CODICE ATECO

Per verificare quindi se l’attività economica può o meno proseguire è necessario partire dall’elenco dei codici ATECO dell’allegato 1 al DPCM: se il codice ATECO della cooperativa è presente nell’elenco, la cooperativa può proseguire l’attività (restando ovviamente ferma la necessità di osservare le condizioni di sicurezza previste dal protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus covid-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 14 marzo 2020 fra il Governo e le parti sociali).

Pur mancando precisazioni esplicite al riguardo, si ritiene ragionevole prendere in considerazione anche il codice ATECO corrispondente all’attività risultante in visura come secondaria qualora identificativo dell’attività effettivamente svolta.

 

Le attività produttive consentite a prescindere dal CODICE ATECO

Qualora il codice ATECO della cooperativa non rientri tra quelli elencati nell’allegato 1, non è detto che l’attività produttiva debba essere sospesa,  occorrono infatti  ulteriori verifiche.

È ammesso che le attività produttive possano proseguire a se organizzate in modalità a distanza o lavoro agile.

A prescindere dal fatto che il corrispondente codice ATECO sia richiamato nell’elenco dell’allegato 1, è comunque consentita la prosecuzione delle seguenti attività:

a) l’attività di produzione, trasporto, commercializzazione e consegna di farmaci, tecnologia sanitaria e dispositivi medico-chirurgici;

b) l’attività di produzione, trasporto, commercializzazione e consegna di prodotti agricoli e alimentari;

c) l’attività comunque funzionale a fronteggiare l’emergenza;

d) le attività che erogano servizi di pubblica utilità, nonché servizi essenziali di cui alla legge 12 giugno 1990, n. 146;

e) le attività degli impianti a ciclo produttivo continuo, previa comunicazione al Prefetto della provincia ove è ubicata l’attività produttiva, dalla cui interruzione derivi un grave pregiudizio all'impianto stesso o un pericolo di incidenti;

f) le attività dell’industria dell’aerospazio e della difesa, nonché le altre attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale, previa autorizzazione del Prefetto della provincia ove sono ubicate le attività produttive.

g) Le attività professionali in ordine alle quali valgono ancora le raccomandazioni di cui al precedente DPCM 11 marzo 2020 secondo cui: 

  • a) sia attuato il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza; 
  • b) siano incentivate le ferie e i congedi retribuiti per i dipendenti nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva; 
  • c) siano sospese le attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione; 
  • d) si assumano protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, con adozione di strumenti di protezione individuale; 
  • e) siano incentivate le operazioni di sanificazione dei luoghi di lavoro, anche utilizzando a tal fine forme di ammortizzatori sociali.


Le attività produttive consentite previa comunicazione alla Prefettura

Qualora l’attività della cooperativa non sia ricompresa né tra quelle riportate nell'elenco né in quelle corrispondenti ai codici ATECO dell’allegato 1, la sua prosecuzione può essere ammessa se funzionale ad assicurare la continuità delle filiere delle attività di cui all’allegato 1, nonché dei servizi di pubblica utilità e dei servizi essenziali di cui alla lettera e).

In questo caso sarà però necessario che il rappresentante legale della cooperativa invii una comunicazione al Prefetto della provincia dove è ubicata l’attività produttiva utilizzando la casella di posta elettronica certificata segnalata sul sito di ciascuna prefettura, indicando nell'oggetto della mail " D.P.C.M. 22 marzo 2020 - Comunicazione attività " e inserendo le seguenti informazioni:

a) sede dello stabilimento;

b) tipologia di attività;

c) imprese e amministrazioni beneficiarie dei prodotti e dei servizi attinenti alle attività consentite.

La comunicazione potrà avvenire compilando e sottoscrivendo, con timbro e firma, il modello denominato “Modello Comunicazione - Lettere d) e g) D.P.C.M. 22 MARZO 2020”, scaricabile al link disponibile sui siti delle prefetture.

 

Le attività produttive sospese 

Le attività produttive che non rientrano nella casistica vista sopra sono sospese. Le imprese hanno avuto tempo fino al 25 marzo 2020 per completare le attività necessarie alla sospensione, compresa la spedizione della merce in giacenza.

Rimangono ferme - a prescindere dal rinvio ai relativi codici ATECO - le sospensioni già disposte con precedenti provvedimenti tra cui si richiamano:

- La sospensione delle attività commerciali, secondo quanto disposto dal Dpcm 11 marzo 2020 e dall’ordinanza del ministro della Salute del 20 marzo 2020;

- La sospensione delle attività inerenti ai servizi alla persona (fra cui parrucchieri, barbieri, estetisti) diverse da quelle individuate nell'allegato 2 al Dpcm 22 marzo 2020;

- La sospensione delle attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie), secondo quanto disposto dal Dpcm 11 marzo 2020;

- La sospensione delle attività di palestre, centri sportivi, piscine, centri natatori, centri benessere, centri termali (fatta eccezione per l'erogazione delle prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza), centri culturali, centri sociali, centri ricreativi, secondo quanto disposto dal Dpcm 8 marzo 2020;

- La sospensione delle attività di musei ed altri istituti e luoghi della cultura di cui all'art. 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, secondo quanto disposto dal dpcm 8 marzo 2020;

- La sospensione dei servizi educativi per l'infanzia di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, e delle attività didattiche in presenza nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, secondo quanto disposto dal Dpcm 8 marzo 2020.


Le ulteriori misure restrittive lombarde: attività artigianali, strutture recettive e cantieri

Le ordinanze emesse da Regione Lombardia in data 21 e 22 marzo da un lato non sembrano richiamare tutte le misure di contenimento contenute nel DPCM e dall’altro lato ne introducono alcune apparentemente più restrittive. 

Sui limiti e le condizioni affinché i contenuti delle ordinanze regionali possano integrare o prevalere sui contenuti del DPCM si rinvia a quanto già anticipato.

Gli organi istituzionali di Regione Lombardia hanno precisato che le ordinanze non avevano l’obiettivo di disciplinare la sospensione delle attività produttive, rientrando queste tra le competenze del Governo. 

Ad oggi per le imprese lombarde valgono le regole sulla sospensione delle attività produttive fissate dal DPCM del 22 marzo 2020, le ordinanze regionali subentrano, ad integrazione, se maggiormente restrittive.

Rispetto al DPCM le ordinanze regionali dispongono la sospensione delle seguenti ulteriori attività:
- Le attività artigianali di servizio ad eccezione dei servizi di pubblica utilità o indifferibili e di quelli necessari al funzionamento delle unità produttive rimaste in attività
- Le attività di accoglienza degli ospiti nelle strutture ricettive comunque denominate (inclusi i residence, gli alloggi agrituristici, e le locazioni brevi con finalità di turismo) per le quali è disposta la chiusura.

Allo stato attuale ed in attesa dell’eventuale conferma o meno dei contenuti delle ordinanze regionali si ritiene che, in via prudenziale, le cooperative che svolgono le precedenti attività, a prescindere dal fatto che il loro codice ATECO sia indicato nell’elenco dell’allegato 1 del DPCM, devono sospendere l’attività (ad eccezione ovviamente di quelle attività che erogano servizi di pubblica utilità, nonché servizi essenziali ai sensi della Legge n. 146 del 1990).

Le ordinanze regionali introducono un apparente novità rispetto al DPCM: il fermo delle attività nei cantieri, “previa concessione del termine per la messa in sicurezza, fatti salvi quelli relativi alla realizzazione e manutenzione di strutture sanitarie e di protezione civile, alla manutenzione della rete stradale, autostradale, ferroviaria, del trasporto pubblico locale, nonché quelli relativi alla realizzazione, manutenzione e funzionamento degli altri servizi essenziali o per motivi di urgenza o emergenza”. 

In realtà anche il DPCM dispone la sospensione delle attività edilizie che- ad eccezione di quelle identificate dal codice ATECO 43.2 (installazione di impianti elettrici, idraulici ed altri lavori di costruzione ed installazione) - non sono richiamate nell’elenco dell’allegato 1 e quindi non ne è ammessa la prosecuzione. 

Anche rispetto a questa incoerenza tra ordinanze regionali e DPCM si suggerisce di procedere, in via prudenziale ed in attesa dell’eventuale conferma o meno delle ordinanze regionali, a favore delle misure più restrittive imposte da Regione Lombardia ritenendo sospese - a prescindere dal fatto che il DPCM ne ammetterebbe la prosecuzione - anche le attività corrispondenti al codice ATECO 43.2.

Residua un’ultima disposizione regionale che sembra presentare problemi di coordinamento con il DPCM e che ha ad oggetto la chiusura delle “attività degli studi professionali salvo quelle relative ai servizi indifferibili ed urgenti o sottoposti a termini di scadenza”.

Il DPCM infatti ammette espressamente la prosecuzione delle attività professionali. 

In via preliminare si ritiene che la norma regionale dovrebbe essere interpretata in senso letterale e quindi riguardare in via diretta solo gli studi professionali (senza quindi alcuna applicazione diretta a società che erogano servizi professionali). 

Qualora, peraltro, s’intendesse estenderne l’applicazione anche alle attività professionali si ritiene possibile far leva sulla possibilità - richiamata dalle ordinanze regionali - di “non sospendere le attività relative ai servizi indifferibili ed urgenti o sottoposti a termini di scadenza” nel caso di necessità di recarsi presso i locali dell’impresa (con l’apposita autocertificazione) raccomandando, per il resto, di attivare modalità di lavoro a distanza.

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